16 luglio 2013
In Italia oltre un giovane su due è precario. L'allarme è dell'Ocse che nel suo Rapporto sull'occupazione basato su dati 2012 fissa la quota al 52,9%, oltre il doppio rispetto al 26,2% del 2000 e a una media d'area sostanzialmente stabile al 24,5%. Il paese, rileva l'organizzazione di Parigi, «rimane intrappolato nella recessione ed è probabile che la disoccupazione continui ad aumentare», dal 12,2% del maggio 2013 al 12,6% di fine del 2014. Si tratta di un livello nettamente superiore a quello dell'insieme dei paesi Ocse, in cui la disoccupazione scendera', nello stesso periodo, dal'8% al 7,8%, mentre nell'area euro salirà dal 12,2% al 12,3%. «Il numero dei precari è troppo alto - ha commentato il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini - Restare precari per troppo tempo condiziona, in modo negativo, la carriera delle persone, d'altra parte nel momento di incertezza e di crisi economica che stiamo vivendo, le imprese hanno difficolta al assumere a tempo indeterminato e quindi puntano a contratti a tempo determinato».
In totale, i disoccupati nell'area sono 48 milioni, di cui 16 milioni causati dalla crisi di questi ultimi 5 anni. Solo in sei paesi europei il tasso di disoccupazione crescerà di oltre un punto percentuale entro la fine del 2014 e l'Italia, secondo l'Ocse, è uno di questi, insieme a Grecia, Olanda, Polonia, Portogallo e Spagna. Inoltre l'Italia, la cui disoccupazione è salita dal 6,8% del triennio 2005-08 all'11,9% del 2013, è tra i paesi il cui tasso di senza lavoro è cresciuto di più dall'inizio della crisi, insieme a Irlanda, Slovenia e Portogallo. Soltanto Spagna e Grecia, che hanno visto aumentare il loro tasso di disoccupazione di oltre il 18%, hanno fatto peggio. I più colpiti dalla recessione sono i giovani tra i 15 e i 24 anni, che hanno visto lo specifico tasso di disoccupazione crescere del 6,1% tra l'ultimo trimestre del 2007 e la fine del 2012, contro il +4,3% dell'area Ocse.
Ancor più preoccupante è l'aumento dei cosiddetti Neet, i giovani che non studiano e non lavorano, cresciuti del 5,1% per un tasso del 21,4% alla fine del 2012, la terza percentuale più alta dopo Grecia e Turchia. «Per i giovani Neet italiani - nota l'Ocse - c'è un rischio crescente di conseguenze di lungo termine, perche' perdono competitivita' rispetto alle loro controparti in altri paesi che hanno sostituito all'esperienza di lavoro una buona istruzione e che usciranno verosimilmente dalla crisi meglio equipaggiati per fronteggiare le crisi tecnologiche del futuro».
Fonte: unita.it
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